Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

venerdì 13 settembre 2013

Prendiamoci ciò che è giusto

Solo all'università può capitare una cosa dolce e amara come quella che il brillante professor Luciano Bozzo ha sottolineato oggi, in uno dei migliori panel del XXVII convegno della Società Italiana di Scienza Politica, quello su Intelligence e Globalizzazione : il caso italiano, presieduto dal professor Umberto Gori, con la partecipazione, fra gli altri, del senatore Marco Minniti, sottosegretario nel governo italiano con delega sui servizi.
Ebbene, ci ha provocato Luciano Bozzo, ecco oggi riuniti un gruppo di professori e professionisti ormai nei loro cinquanta, ad interloquire con brillanti giovani ancora nei loro venti. Cosa si scopre? Che questi ultimi condividono ancora, dopo trent'anni, la stessa voglia di riscatto, le stesse speranze di riforma e, praticamente, le stesse proposte di cambiamento che i loro ormai maturi maestri chiedono a gran voce sin dai primi anni ottanta.
Dalla ormai mitica commissione Bozzi a una maggiore capacità competitiva italiana sulla scena di un mondo che sta cambiando - in meglio, come sostengo nella mia tesi di dottorato difesa il 12 luglio 2013 a Pisa - siamo ancora lì che chiediamo cambiamenti di buon senso, riforme liberali capaci di portare maggiore eguaglianza per tutti e, insieme, più opportunità per i migliori.
Non arrendiamoci quindi.
Non siamo ancora così vecchi, ne' avevamo poi così torto.
Prendiamoci ciò che è giusto!
Realizziamo le riforme civili, liberali, federali, per le quali lottiamo da trent'anni!

* * *

Al panel di Umberto Gori hanno portato contributi brillanti il prefetto Gianluca Ansalone, il prefetto Adriano Soi, il consigliere Fabio Rugge.
Un complimento particolare lo merita il paper sul cyberspace come arena digitale di dispersione ma anche concentrazione del potere, presentato dall'amico Marco Mayer e dai due giovani e bravi Niccolò De Scalzi e Iacopo Chiarugi.
Ci hanno parlato che il cyberspazio è il terreno di una nuova geopolitica, molto meno virtuale di quello che comunemente si pensa: dove sono i server? Chi li costruisce? Quale energia li alimenta? Quali infrastrutture li interconnettono?
I cittadini digitali, se vogliono essere liberi sovrani del nuovo infinito mondo virtuale, devono pretendere il controllo di territori e risorse molto reali, locali, limitate, se non addirittura scarse.
Ne parlerò e li citerò, nella mia book proposal per la pubblicazione della mia tesi Disintegration as Hope.


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