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lunedì 30 luglio 2012

Un cittadino contro le preferenze

Il ritorno delle preferenze facoltative all'italiana, quelle contro cui il popolo italiano si rivoltò a inizio degli anni '90, sarebbe un disastro politico e, ancora di più, economico e sociale. Carlo Fusaro, che noi sappiamo essere uno studioso e un influente intellettuale che scrive spesso sulla stampa toscana, ci ha inviato, da cittadino, questo graditissimo intervento in proposito, in esclusiva per il nostro blog, Diverso Toscana. La mail di Carlo Fusaro (ricevuta il 28 luglio 2012, ndr): 


La legge Calderoli del 2005 è una legge elettorale con gravi difetti. Ma non sono affatto quelli di cui ossessivamente si parla da mesi e anni.
I suoi difetti veri sono due.
Il primo è che prevede due meccanismi di premio separati e diversi per due camere, il che è un nonsenso. In effetti il nonsenso sta nell'esistenza di due camere entrambe titolari del rapporto di fiducia: com'è noto uno schema che non ha eguali al mondo. Dappertutto una è la camera politica con rapporto di fiducia col governo, se la forma di governo è parlamentare. L'altra rappresenta, in parte almeno, interessi diversi ed è svincolata dal rapporto fiduciario.
Il secondo difetto NON è nelle liste bloccate. E' che si tratta di liste bloccate lunghe (fino a 47 candidati) con l'aggravante (il cuore della questione) che una stessa persona può candidarsi dappertutto. Questo è il meccanismo che permette le c.d. "nomine": permette cioè, grazie al controllo delle rinunce di persone elette in diverse circoscrizioni, di far uscire via via chi si preferisce.
E' falso invece che il problema fosse, come si ripete, "aver abolito le preferenze". Qualunque cosa si pensi delle preferenze (ed io ne penso tutto il male possibile sia per esperienza diretta sia per aver studiato un po'):
(a) le preferenze alle politiche già non c'erano più dal 1993;
(b) le preferenze non hanno mai impedito ai partiti - certo, con eccezioni - di far eleggere chi volevano, col sistema delle capolisture ed altri espedienti;
(c) le preferenze scatenano una dannosa caccia al voto DENTRO il proprio elettorato per sé stessi e NON al di fuori per conquistare elettori incerti o nuovi;
(d) le preferenze impongono campagne costose;
(e) le preferenze così come da noi ci sono solo in Grecia e in pochi altri posti; le liste, in genere, sono bloccate, bloccatissime e laddove non lo sono è permesso scavalcare l'elenco presentato dal partito solo con un quorum minimo: che so, almeno la metà o un quarto di voti preferenziali sul totale dei voti del partito.
Infine (f) le preferenze come sono disciplinate in Italia non danno affatto agli elettori il potere di scegliere l'eletto!
Danno questo potere a minoranze efficienti ed organizzate nel controllo dei voti (cosa ciò significhi in circa il 40% del territorio nazionale non ho bisogno di ricordarlo).
In pratica si permette a gruppi di interesse, o fazioni, o peggio, di scegliere per tutti, grazie alle preferenze, al posto del partito (che almeno le sue responsabilità deve assumersele).
Anche se è vero che il ricorso alle preferenze dopo la preferenza unica  è cresciuto dappertutto (anche al centro e al nord), resta che sono usate mediamente da minoranze di elettori.
La cosa che mi indigna è che culturalmente i fautori di leggi elettorali davvero migliori (doppio turno alla francese, maggioritario secco, collegi uninominali, liste corte e proporzionale senza recupero di circoscrizione tipo Spagna, etc.) ben presto si son fatti travolgere, con l'aiuto di una stampa francamente cialtrona e superficiale, da parole d'ordine d'accatto che hanno trasformato la legge Calderoli (che io rifiuto di chiamare in modo diverso: perché quello è già il segno della resa politico-culturale) nella sentina di tutti i mali.
Non è così. Ha avuto e ha anche i suoi meriti: basti pensare alla capacità bipolarizzante e al fatto che nel 2008 è stata ben interpretate dalle forze politiche per merito primario di Veltroni (e poi dello stesso Berlusconi) in modo da assicurare camere non frammentate e maggioranze e minoranza non raccogliticce.
Se poi queste si sono sfaldate, il problema non è della legge elettorale ma dell'incompetenza, dell'incapacità e della stupidità di chi ha permesso al proprio partito di andare in pezzi (e di chi permette al proprio di restare rissoso e continuamente esposto al ricatto delle sinistre estreme, o del populismo giustizialista, o - adesso - dei c.d. grillini).
Sta succedendo, è già successo ciò che era successo con la legge Mattarella: Dio sa se io l'ho combattuta, quando speravo con altri illusi di trasformarla in una legge elettorale tutta maggioritaria (non solo per 3/4); ma resta la miglior legge elettorale del dopoguerra.
Si poteva correggere (per esempio togliendo le liste civetta), ma funzionava.
Una volta fallito il tentativo di renderla PIU' maggioritaria, restava comunque una eccellente linea di difesa.
Invece, con la benedizione ed anzi lo stimolo di gente come Sartori (geniale caratteraccio che in vetustà, divenuto incoerente fino alla totale dimenticanza di ciò che lui stesso aveva insegnato), che inventò il termine spregiativo che sappiamo, si posero le basi perché quella legge elettorale fosse sostituita senza colpo ferire (come accadde anche nel 2005, quando vera opposizione non ci fu).
E ci si beccò la Calderoli, coi difetti che ho detto e con l'unico pregio - almeno - di difendere il bipolarismo: cioè il diritto degli elettori di decidere da chi farsi governare.
Adesso la Calderoli è la cosa da sostituire costi quel che costi: ed è altro errore, perché occorre avere l'onestà intellettuale di dire che MEGLIO TENERSI LA CALDEROLI che passare alle preferenze e per di più perdere il potere del voto decisivo sul governo.
Questa è infatti la truffa finale che gente impudente come Casini e tanti altri vanno propinando, quando solennemente affermano che "va restituito agli elettori il potere di eleggere i propri deputati".
Primo perché, collegio uninominale a parte, non l'hanno mai fatto davvero e non c'è nulla da restituire. Si vuol solo restaurare un sistema che ha prodotto guai senza fine fino a che ad esso ci si ribellò 20 anni fa.
Secondo perché si fa finta di dare qualcosa, ma in realtà il vero obiettivo è TOGLIERE il potere di decidere sul governo, che è poi la cosa che conta di più.
Ancor maggiore è il paradosso se si ricorda appena appena che la legge Calderoli, storicamente, fu nel 2005 l'ultimo tentativo di Berlusconi di recuperare con il tipo di legge che questi volevano proprio l'Udc e Casini (i quali pretendevano un ritorno a schemi proporzionalistici: certo non ebbero le preferenze e sperano ora di completare l'opera abolendo anche il premio).
Ma ci sarà un limite alla memoria corta degli italiani e alla tentazione tecnicamente reazionaria e restauratrice delle forze politiche!
In tutto questo ancora una volta quel che non capisco (rectius: non capirei) è perché mai il Pd ci dovrebbe stare.
Mi dicono che il vero sta nel fatto che il Pd cerca alleati e quindi per compiacerli e anche per non spaccarsi fra chi vuole Casini e chi vuole Vendola-Di Pietro, è disposto di fatto a buttare a mare 20 anni di bipolarismo (l'unica grande riforma fatta!).
Una cosa è certa: se cedono su questo il voto di gente come me non l'avranno davvero.

Carlo Fusaro 
http://www.carlofusaro.it/



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